XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
14 luglio 2019
Dt 30,10-14,dal Salmo 18, Col 1,15-20, Lc 10,25-37
Chi è il mio prossimo?
La parabola del "Buon Samaritano" è una fra le più belle e più conosciute tra le parabole del Vangelo e non ci sarebbe neppure bisogno di spiegarla, ma solo di ascoltare la conclusione di Gesù, che dice: “Va' e anche tu fa’ così", un insegnamento da mettere in pratica non tanto da spiegare.
Eppure ci rendiamo conto che questa parabola ai nostri giorni è diventata problematica, perché molti fanno riferimento a questo per affermare la necessità di prendersi cura di tutti i malcapitati che troviamo sulla nostra strada, costi quel che costi, mentre altri affermano la necessità di tener conto della legge, anche dell'economia. Non è possibile prendersi cura di tutto, la società deve essere ordinata, dobbiamo pensare al futuro… e in qualche modo ci si contrappone fra chi sostiene l'accoglienza ad ogni costo e chi mette avanti la necessità della legge, dell’ordine, contrapponendoci anche tra di noi e ottenendo così il risultato peggiore: quello della contrapposizione fra cristiani, addirittura quello della divisione fra cristiani. (continua a leggere)
Per questo è davvero importante mettersi in ascolto dell'insegnamento di Gesù, cercando di mettere in pratica quello che Lui insegna, non per affermare i nostri modi di vedere, certamente legittimi.
Per questo vorrei fermarmi su un passaggio della parabola, cercando di capire quale deve essere l'atteggiamento del cristiano, che vuole seguirne l'insegnamento.
Mi fermo solo sulla parte finale che dice: "Il giorno seguente questo Samaritano tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui. Ciò che spenderai in più te lo pagherò al mio ritorno”.
È molto interessante che questo Samaritano sa che non può fare tutto lui, lui deve continuare il suo viaggio, cioè deve continuare il suo lavoro e per questo affida l’uomo ferito all'albergatore. Capiamo allora che c'è bisogno di quelle che noi oggi chiameremmo le strutture, le istituzioni, i servizi. Questo albergatore, che faceva il mestiere di accogliere e anche di prendersi cura dei viandanti, lo fa per denaro. Il Samaritano gli dà 2 denari e dice che anche se spenderà di più glieli darà al suo ritorno.
Ritengo molto importante tenere presente questo, che quest'uomo ferito, assalito dai briganti ha bisogno dell'intervento personale, diretto, immediato del Samaritano, ma ha bisogno anche, diremmo oggi, del servizio pubblico, dei servizi commerciali: non è pensabile che basti l'intervento personale, diretto, immediato, senza preoccuparsi anche di predisporre strutture, servizi, regole.
Vorrei dire sostanzialmente questo: c'è bisogno dell'uno e dell'altro, c'è bisogno di accoglienza, ma c'è bisogno anche di regole, di leggi, di volontari, anche di lavoratori con lo stipendio mensile. Solo così ci si può davvero prendere cura dell’uomo: prendersi cura dell'uomo vuol dire prendersi cura di tutta la società, perché il riconoscimento della dignità dell'uomo, di ogni uomo richiede questa fratellanza, questa giustizia che non è frutto semplicemente di buona volontà, ma è frutto di una organizzazione sociale, di una politica, che deve tenere conto di tutta la società non solo di oggi ma anche di domani, anche del nostro futuro.
Allora questa parabola ci dà un'indicazione precisa e valorizza l'impegno dell'uno e dell'altro.
Vorrei tanto che questo fosse ciò che avviene soprattutto la domenica. A me piace pensare che questa parabola è la parabola della domenica, perché il fatto che su quella strada fossero presenti il sacerdote, il levita e il Samaritano è proprio dovuto al fatto che era domenica. Il levita e il sacerdote avevano cioè ultimato il loro servizio al tempio del sabato e il giorno dopo ritornavano nelle loro case. Il sabato era per tutti il giorno del riposo e per gli Ebrei la domenica è il primo giorno del lavoro.
Noi cristiani abbiamo trasformato questo e la domenica è il giorno in cui ci riuniamo insieme per fare comunione, per condividere anche il nostro impegno personale e sociale, per imparare che l'uomo, ogni uomo ha bisogno del contributo di ciascuno, del contributo volontario e del contributo professionale e qui facendo comunione noi serviamo l'uomo e diamo gloria al Signore.
(dall'omelia di don Stefano Ottani)