La Cupola fra le Torri

Parrocchia dei Santi Bartolomeo e Gaetano, Bologna

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Storia

Guida breve della Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano

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Guida breve della Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano

 

Storia

La tradizione parla di una chiesa dedicata all’apostolo S. Bartolomeo già nel V secolo, eretta da S. Petronio. È documentata una chiesa in epoca longobarda (IX secolo), con la facciata su piazza di Porta Ravegnana, forse successivamente retta dai monaci Cluniacensi di Fruttuaria. Nel 1210 un incendio della città la distrusse e venne ricostruita a spese del Comune. Nel 1516 la famiglia Gozzadini, emergente in città, affidò ad Andrea Marchesi detto il Formigine il progetto di un grande palazzo a fianco della chiesa. Purtroppo, a causa dell’uccisione nel 1517 di Giovanni di Bernardino Gozzadini, il progetto rimase interrotto alla realizzazione del solo portico che oggi ammiriamo.

Nel 1599 i Padri Teatini, fondati da S. Gaetano Thiene (1480-1547) subentrarono nella reggenza della chiesa e iniziarono una totale ristrutturazione del complesso su disegno di Giovanni Battista Natali detto il Falzetta, riveduto dall’architetto del Senato bolognese Agostino Barelli, con un forte ampliamento ed un nuovo orientamento della chiesa che si affacciò su Strada Maggiore. Poiché nel 1671 era stato canonizzato S. Gaetano, i Padri Teatini concepirono questa chiesa come occasione per far conoscere il loro fondatore e fecero dipingere ad affresco da Marcantonio Franceschini

(1648-1727) e Luigi Quaini (1643-1717) dieci “fatti” della vita di S. Gaetano nelle lunette del portico (ora poco leggibili). Sul lato delle torri venne preservato il nobile portale quattrocentesco, dominato dalla statua di S. Bartolomeo. Nel 1694 si completarono la cupola e il campanile, la cui caratteristica cuspide venne aggiunta mezzo secolo dopo.

Architettura

La chiesa a croce latina, a tre navate su snelle colonne ioniche che ne evidenziano lo slancio, si presenta luminosissima, grazie alle finestre della navata centrale ed alle cupolette con lanterne sulle volte delle campate laterali. All’incrocio dei bracci la grande cupola circolare si innalza aerea tra le torri, nuovo simbolo della città barocca. Dalla prima iconografia della città dipinta da Giuseppe Rolli all’interno della stessa cupola la basilica è presente in ogni raffigurazione grafica o pittorica di Bologna.

È una basilica che esprime l’anima, ad un tempo classica ed eloquente, del barocco in una rara sintesi, fondendo l’apporto interdisciplinare delle arti in un insieme singolarmente equilibrato ed ospitale. Un barocco bolognese, generoso ed autocritico che, pur offrendo all’ammirazione dei visitatori molte opere d’arte, si qualifica soprattutto per la sua armonia complessiva e per la sua calda e morbida tonalità. È una scoperta gioiosa, su cui incidono le ore del giorno. Si direbbe che l’architettura basilicale si difenda dalla luce dilagante filtrandola attraverso le cupole e le lanterne. L’atmosfera più congeniale è quella di un tardo pomeriggio di sole, quando le pareti affrescate si scaldano e gli ori delle trabeazioni risplendono e le tele sugli altari si animano. La pala d’altare che più reagisce a questa irruzione del sole vespertino è “L’Annunciazione” dell’Albani: il raggio obliquo che scende dal primo finestrone della volta centrale fa ridere i putti alati di scorta a Gabriele che reca l’annunzio a Maria. Tutto è vissuto come in una scenografia poliedrica che concede sempre allo sguardo un riposo visivo. L’occhio penetra incessantemente in ogni spazio prospettico e approda a una quiete finale.

Bologna è una città a tre navate; la basilica ne riflette la tipologia: la navata centrale corrisponde alla strada e le navate minori ai portici. Chi entra ha la sensazione che il discorso continui, con la straordinaria finezza decorativa degli affreschi dei migliori rappresentanti dell’illusionismo (effetto artistico diretto a suscitare nello spettatore l’impressione di trovarsi a contatto diretto con la realtà e non con una raffigurazione) del ‘600 e ‘700.

Arte e spiritualità

La volta della navata centrale presenta storie della vita di S. Gaetano (dalla controfacciata: visione di S. Gaetano; simbologia della spiritualità di S. Gaetano; la lotta contro l’eresia) entro una quadratura, frutto della collaborazione di Angelo Michele Colonna (1604-1687), Agostino Vitelli (1609-1660) e Giacomo Alberesi (1632-1677).

Nella prima cappella destra troviamo un dipinto di Carlo Castelli (sec. XVII) che rappresenta il teatino beato Giovanni Marinoni. A sinistra: il beato Ludovico Morbioli; a destra: l’immagine di Nuestro Señor de los Milagros; al centro: la Beatissima Virgen del Quinche.

Nella seconda cappella destra la pala d’altare è un dipinto della fase matura di Ludovico Carracci (1555-1619): “S. Carlo Borromeo al sepolcro di Varallo”, dove il tema tipico della controriforma – il mistero della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo – diviene spunto per una delicata riflessione religiosa. Nella stessa cappella è esposto un quadro raffigurante il Sacro Cuore, opera di Ubaldo Gandolfi (1728-1781). Alle pareti sono collocati due dipinti che rappresentano: “L’incredulità dell’apostolo Tommaso” e “L’incontro di Gesù con la Samaritana”.

Nella terza cappella, più che la pala d’altare - che pare opera di Lorenzo Galbieri, rappresentante il teatino S. Andrea Avellino rapito in estasi all’inizio della celebrazione eucaristica - meritano attenzione gli affreschi delle pareti (angeli al bancone che si preparano alla Messa), cupoletta e pennacchi, dipinti dal titolare del giuspatronato, Angelo Michele Colonna (1604-1687).

Nella quarta cappella destra la pala dell’altare rappresenta l’Annunciazione, opera di Francesco Albani (1578-1660), uno dei migliori allievi dei Carracci: in questo dipinto il pittore accorda l’equilibrio armonioso della Vergine con la vibrante irruenza dell’arcangelo al punto di meritarsi il soprannome di "Albani del bell’angelo". Dello stesso autore sono anche i quadri pendenti alle pareti laterali: “Maria che allatta il Bambino” e “Il sogno di S. Giuseppe”. In faccia alla cappella sul contropilastro è posta la tela di Domenico M. Canuti (1625-1684) con due angeli.

La quinta cappella, quella del transetto destro che ha la volta affrescata da Giovanni A. Burrini (1656-1725) e Marcantonio Chiarini (1652-1730) con “La Vergine che mette il Bambino fra le braccia di S. Gaetano”, è dedicata a S. Gaetano e ospita su un elegante altare di scagliola una pregevole tela di Lucio Massari (1569-1633) rappresentante il santo e i simboli della sua spiritualità, ampliata in alto dalla centina settecentesca, opera di Giuseppe Marchesi detto il Sansone (1699-1771).

La cappella in fondo alla navata destra ospita un Crocifisso del XVII secolo sotto il quale c’è un bel quadro della “Beata Vergine addolorata”, di Domenico Pedrini (1728-1800), un tempo attribuito al Tiziano. Alle pareti ci sono due dipinti: “La flagellazione” e “La coronazione di spine”, copie degli originali di Ludovico Carracci posti alla Certosa. Nelle due lunette sono affrescate “La deposizione” e “Le pie donne al sepolcro”.

La grande cupola, le volte della cappella maggiore, dell’abside e del transetto sinistro sono affrescate dai fratelli Antonio (1643-1695) e Giuseppe (1652-1727) Rolli ad illustrare la gloria di S. Gaetano. Al centro della cupola, Cristo e il Padre eterno accolgono la Vergine ai cui piedi si trova S. Gaetano, mentre gli angeli rimuovono un grandioso tendone rosso e dorato per lasciare intravedere il paradiso. Nei pennacchi alla base della cupola compaiono i quattro Padri della Chiesa latina: S. Gregorio Magno, S. Ambrogio, S. Agostino e S. Girolamo.

L’abside – preceduta da un ricco altare in marmi policromi su cui spiccano i mezzi busti di S. Gaetano e S. Andrea Avellino e il tabernacolo sovrastato dal Crocifisso e dal Cristo risorto – contiene tre affreschi dei pittori Marcantonio Franceschini (1648-1727) e Luigi Quaini (1643-1717) raffiguranti tre scene della vita di S. Bartolomeo: al centro “Il martirio di S. Bartolomeo”, a sinistra “S. Bartolomeo predica agli Armeni e distrugge l’idolo”, a destra “S. Bartolomeo libera dal demonio l’ossessa figlia di Polimio re dell’Armenia”.

La cappella in fondo alla navata sinistra è dedicata a S. Giuseppe con una statua policroma del santo, con alle pareti due quadri di Filippo Pedrini (1763-1856) raffiguranti S. Vincenzo e S. Barbara.

La cappella del Santissimo Sacramento, nel transetto sinistro, accoglie la piccola tela ovale della “Madonna del Suffragio”, opera inarrivabile di Guido Reni (1575-1642), donata nel 1663 dal Canonico Matteo Sagaci. Due volte sottratta e due volte restituita (1855-60; 1992) la Vergine Madre e il Bambino addormentato riassumono in uno spazio ristretto tutta l’arte e la fede dell’autore: la divinità e l’umanità non sono mai state così vicine, permeate l’una dell’altra. La pala d’altare raffigura il teatino beato Paolo Burali, mentre gli affreschi monocromi alle pareti mostrano due personaggi biblici: Giuda Maccabeo e Isaia.

Nella quarta cappella sinistra, entro un frontale con i misteri del rosario, di gusto canutiano, c’è una statua seicentesca di legno di cedro della Madonna di Loreto, ispirata a quella della Santa Casa. In questa cappella sono collocate sette piccole statue di gesso policromo di pregevole fattura di Ignoto bolognese del primo Ottocento, rappresentanti “La deposizione”. In faccia alla cappella sul contropilastro è posta una tela di Giuseppe Rolli che rappresenta S. Michele Arcangelo. A fianco, appoggiato ad una colonna, il pulpito realizzato nel 1815 su disegno di Flaminio Minozzi (1735-1817), di gusto neoclassico.

La terza cappella sinistra conserva un dipinto di Antonio Lunghi (1677-1757) raffigurante S. Rita. Sul tabernacolo una piccola scultura lignea di fattura artigianale proveniente dal Brasile di “Nossa Senhora de Nazaré”.

Nella seconda cappella sinistra il dipinto “S. Antonio di Padova e il Bambino” è opera di Alessandro Tiarini (1577-1668). Sotto il dipinto, in una piccola nicchia dorata, è collocato un “Ecce Homo” in terracotta policroma. Le decorazioni sono opera di Alessandro Guardassoni (1819-1888).

La prima cappella è dedicata a S. Luigi Gonzaga, raffigurato nell’attuale tela settecentesca di autore ignoto, qui collocata nel 1919 in sostituzione della tela di Cesare Aretusi (1540-1612) raffigurante S. Bartolomeo, che costituiva probabilmente la pala dell’altare maggiore della chiesa precedente, ora conservata in canonica.

L’armonia del complesso è completata dalla cantoria sulla controfacciata con l’organo a dodici registri, realizzato nel 1644 anche con materiale preesistente, attribuito ad Antonio Dal Corno-Colonna, racchiuso da una cassa lignea finemente decorata.

 

Adiacenze

Alla basilica sono annessi altri suggestivi ambienti, visitabili solo con guida.

L’attuale battistero, frutto della trasformazione dell’oratorio cinquecentesco, che conserva l’affresco della “Madonna delle Grazie” di Lippo Dalmasio (1355-1410), un tempo addossato alla Torre Garisenda, e una tela di Giuseppe Varotti (1715-1780) “Le tre Marie al sepolcro di Cristo”.

Il campanile, costruito nel 1694 con la cuspide del 1748, ospita l’armonioso concerto di quattro campane fuse nel 1857 da Clemente Brighenti e l’orologio di Camillo Franchini, datato 1858.

La sacrestia teatina, ampliata nel 1856, accoglie tre tele di Cesare G. Mazzoni (1678-1763) con storie dell’Ordine Teatino; il sobrio mobilio di legno di noce custodisce preziosi paramenti liturgici dal XVI secolo ad oggi. Interessante è anche il mobilio e la quadreria dell’attuale sagrestia, che raccoglie opere di diverse epoche.

La cripta sotto il presbiterio, affrescata nel 1743, con la “Via Crucis” del contemporaneo Giuseppe Parenti. A destra, il sacello custodisce pregevoli statue della Addolorata e di S. Francesco di Paola e una icona del Mandylion.

 

E' disponibile in parrocchia la nuova guida breve della Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano:

Ultimo aggiornamento Martedì 01 Aprile 2014 16:26
 

L’Organo della Basilica

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L’Organo della Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano

A cura di Saverio Villa


Organo posto in cantoria sopra l’ingresso, costruito da autore anonimo nel 1644, ma attribuito ad Antonio Dal Corno-Colonna. Citato nelle “Memorie istoriche concernenti la Chiesa et annessa abitazione di S. Bartolomeo di Porta Ravegnana”, di anonimo e risalenti alla metà del XVIII secolo, al cap. VIII Descrizione minuta della Chiesa che presentemente susiste...

...Prima di andare avanti si consideri l’interno prospetto di questa nave maggiore, et in esso si vede l’Organo a sette registri [sic] fatto del 1644, per mano di un eccellente organista con la spesa di lire mille, indi trasportato nel sito, in cui si vede con un ornato di basso rilievo messo a oro con sopra lo stemma della nostra Congregazione (dei Chierici Regolari o Teatini, ndr) con all’intorno la cantoria, che sembra essere in aria...”.

Restaurato nel 1793 e modificato nel XX secolo. Lo strumento è racchiuso da cassa lignea finemente decorata da fregi e festoni in stucco dorato.

Facciata di 23 canne del Principale disposte a cuspide centrale con ali. Labbro superiore delle canne a mitria. Bocche allineate.

Tastiera di 45 tasti (Do1-Do5) con prima ottava corta, diatonici in bosso con frontalino decorato da incisioni di cerchi concentrici, cromatici in ebano.

Pedaliera a leggio di 18 tasti (Do1-La2) con prima ottava corta, costantemente collegata alla tastiera.

12 registri azionati da manette verticali con cartellini a stampa e fissabili ad incastro, disposte su due file orizzontali secondo il seguente schema:

Fila superiore

Flautino

Viola 8 piedi (in realtà Flauto in XII)

Cornetto Soprano (da Do# 3)

Voce Umana (da Do# 3)

Contrabbasso (in legno, situato su somiere proprio ed azionato dal solo pedale)

Fila inferiore

Principale (8’)

Ottava

Quintadecima

Decimanona

Vigesimaseconda

Vigesimasesta

Vigesimanona

Accessori: Pedale del Tiratutti di Ripieno (aziona solo Ottava, Decimanona, Vigesimanona)

Due Mantici a cuneo situati su , Crivello di cartone. Diapason 442 Hz circa.

Nei secoli XVII e XVIII, fino alle soppressioni napoleoniche, La Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano, come le altre principali chiese cittadine, vide il fiorire di una importante attività musicale legata al servizio liturgico. Essendo una delle principali sedi dell'ordine dei Chierici Regolari, i padri Teatini, godette di risorse sufficienti al mantenimento di una Cappella Musicale che animasse ed arricchisse le varie celebrazioni liturgiche, in occasione delle festività più solenni. La presenza di un organo di pregio e di una cantoria a due livelli, particolare unico nell'architettura bolognese del periodo se si eccettua quella del santuario di San Luca, di fattura posteriore, fecero da presupposto affinché un discreto numero di cantori, forse anche di strumentisti oltre l'organista, sotto la guida del maestro di cappella, svolgessero regolarmente le loro mansioni. Il periodo coincise con quello di massima fioritura dello stile sacro “concertato” di scuola bolognese, avente come figure di riferimento quelle di Maurizio Cazzati (1616-1678), maestro di cappella Di San Petronio, e Giovanni Paolo Colonna (1637-1695), successore del Cazzati, figlio di quel Antonio Dal Corno-Colonna al quale si attribuisce la costruzione dell'organo in San Bartolomeo. Lo stile compositivo del Colonna fu quello che maggiormente influenzò i compositori successivi. La sua fu una scrittura contrappuntistica ricca, severa e di alta qualità; non tuttavia "alla Palestrina", ma ritmicamente spigliata ed esuberante tipica del tardo barocco. Molti dei suoi allievi ed epigoni ricoprirono gli incarichi più prestigiosi a guida delle istituzioni musicali cittadine, come testimoniato da una cronaca rintracciata dallo scrivente nei documenti appartenuti alla nostra basilica e conservati oggi presso l'Archivio di Stato. Si tratta di una cronaca manoscritta relativa ai festeggiamenti tenutisi in occasione della canonizzazione di Sant'Andrea Avellino, dell'ordine teatino, avvenuta esattamente 300 anni fa, nel 1712. In essa sono citati i compositori bolognesi ai quali fu commissionata l'esecuzione di proprie musiche durante le celebrazioni liturgiche. Accanto a figure di primo piano come Giacomo Antonio Perti (1661-1756) o Giacomo Cesare Predieri (1671-1753) maestro di cappella di San Bartolomeo, troviamo figure minori come Pietro Paolo Laurenti (1675-1719), allievo di Perti fu anche cantante in teatro e suonatore di violoncello, o Francesco Farné, di cui non si sa praticamente nulla ma del quale si conserva un'interessante messa a cinque voci e strumenti presso la Diozesanbibliothek di Münster in Germania.

Menzione a parte merita Luca Antonio Predieri (1688-1767), nipote di Giacomo Cesare. Tra i citati fu quello che più si distinse anche nel panorama internazionale. Dopo gli studi di violino e contrappunto, iniziò la carriera a sedici anni come suonatore di viola in San Petronio. Nel 1715 compose il suo primo oratorio, “Santi Cipriano e Giustina”, ma precedentemente aveva già composto cinque opere per il teatro, una delle quali, “La Partenope”, inaugurò il Teatro Marsigli- Rossi, il 28 ottobre 1710. Nel 1723 fu eletto “Principe” dell'Accademia Filarmonica. In aggiunta alle sue funzioni presso l'Accademia, Predieri servì come maestro di cappella in diverse chiese di Bologna tra cui San Paolo Maggiore, Madonna di Galliera, Santa Maria della Vita e, infine, la Cattedrale di San Pietro. Dopo aver composto 25 opere, cinque oratori, molti pezzi di musica sacra, e diverse opere strumentali, Predieri divenne noto a Vienna attraverso le rappresentazioni delle sue opere teatrali, Amor prigioniero nel 1731, e Il sogno di Scipione, la prima volta nel 1735 come parte delle celebrazioni per il compleanno dell'imperatore Carlo VI. In seguito alla morte di Antonio Caldara nel dicembre 1736, Johann Fux (al tempo Kapellmeister di Carlo VI), lo invitò a Vienna come suo assistente. Predieri arrivò verso la fine del 1737 e nel 1739 fu ufficialmente nominato vice maestro di cappella, la carica precedentemente detenuta da Caldara. Alla morte di Fux nel 1741, assunse le funzioni di maestro di cappella, anche se non poté fregiarsi del titolo ufficiale fino al 1746. Durante la sua permanenza a Vienna compose varie opere, spesso eseguite per celebrare occasioni speciali presso la corte imperiale, due oratori, uno Stabat Mater, e molti altri pezzi di musica sacra. Predieri si ritirò in pensione come maestro di cappella nel 1751, ma mantenne il suo titolo e il suo stipendio per il resto della suo permanenza a Vienna, anche se il compositore austriaco Georg Reutter assunse le sue funzioni. Nel 1765, tornò nella natia Bologna, dove morì il 3 gennaio 1767 all'età di 78 anni.

Saverio Villa

 

Ultimo aggiornamento Venerdì 28 Marzo 2014 18:03
 

Le Campane della Basilica

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Le Campane

della Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano.

Riprendiamo da un post di Youtube del 26/04/2011 un bel video che ci porta la voce delle nostre campane suonate al Gloria della Veglia Pasquale della notte Santa.
Chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano,"la parrocchia sotto le 2 torri".
Questa è la parte finale di un lungo doppio suonato al Gloria della Veglia Pasquale della notte Santa.
In cella troviamo 4 campane di Clemente Brighenti fuse nel 1857, cito testualmente dal sito della parrocchia:
"....la grossa, la mezzana, la mezzanella e la piccola (battezzate con il nome dei santi: Bartolomea, Gaetana, Andreina e Pierina) formano un concerto di eccezionale qualità, dal timbro pieno, pastoso, solenne, amatissimo dai campanari bolognesi, fino ad essere considerate le più armoniose della città. Sono montate su di un castello ligneo coevo alle campane, costruito specificatamente in funzione del suono a cappio. Malgrado il loro pregio eccezionale, le campane erano state destinate alla requisizione bellica durante la seconda guerra mondiale, e furono salvate solo grazie all'intervento deciso del parroco mons. Giovanni Battista Trombelli.
Suonarono per la prima volta il 9 giugno 1857 per onorare l'arrivo a Bologna di Papa Pio IX..."

 

 

( tutti i riferimenti sono contenuti nel post citato)

 

Ultimo aggiornamento Lunedì 31 Marzo 2014 15:34
 

Cronaca Ottavario Per S. Andrea Avellino

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Ottavario

Per

S. Andrea Avellino

Soleñizato in Bologna dell’17121

(trascrizione a cura di Saverio Villa)

 

[Foglio 5, verso]

...Terminata dunque la Processione la sera di Mercoledì 9. di Novembre, la Mattina seguente delli dieci di Giovedì anniversario della Festa di S. Andrea Avellino e primo giorno del suo Ottavario si vidde innalzato nell’altar Maggiore il nobilissimo stendardo del santo, e stava un poco à dietro al tabernacolo del Venerabile sotto grande Maestoso Padiglione di Damasco Cremesi con le frape di zendaline giale, e fingeasi sostenuto da più Angioli con varii artificiosi atteggiamenti.

In detta mattina si tenne solennissima Capella assistendovi sotto Baldacchino immediatamente fuori dal Presbitero gli Eminen.mi Cardinali Legato, e Arcivescovo, Vicelegato, Confaloniere, e Sig.ri Anziani, à ciascuno de quali secondo la graduatoria loro fu data l’Imagine del Santo in raso, e in seta finita di Merletti d’oro e d’argento, ed in carta con un ristretto della Vita del medesimo.

Dopo la Capella partiti li predetti personaggi perorò in lode del Santo con Oratione Panegirica il M. R. Padre Lettore Don Paolo Antonio Mastri da Meldola Monaco Camaldolese. La Musica di questo giorno disposta nelle solite cantorie con l’aggiunta di due altre piantate sotto gli ultimi archi delle colonne, è stata del Sig.re Giacomo Cesare Predieri Maestro di Capella della Metropolitana di S. Pietro, e della nostra Chiesa di S. Bartolomeo; vi fu un concorso grande di Nobiltà, e Popolo, il quale viddesi coronato dalla presenza elettorale del Sig.re Principe di Sassonia, che co’ suoi Palatini sedea nel Coro alla Portiera del Vangelo con sotto nobile tappeto.

[Foglio 6, recto]

Venerdì 11. il M. R. P.re Maestro Giuseppe M.a Agudio [?] Milanese dell’Ordine de Predicatori fece il Panegirico, e la Musica della Messa, e de Vespri fu compositione del M. R. P.re Bacilliere Frà Giacinto Rossi Agostiniano Mastro di Capella della Chiesa di S, Giacomo Maggiore.

Sabato 12. l’Oratione Panegirica fu del M. R. P.re Maestro Paolo Antonio Sani Bolognese, Lettore de Minori Conventuali di S. Francesco, e la Musica si fece dal Sig.re Francesco Farné Maestro di Capella nella Chiesa di S. Maria de Servi.

Domenica 13. Il M. R. Sig.re Abbate Don Giuseppe Giuntini Luchese fece il Panegirico, ed asisté alla Musica il Sig.re Giacomo Antonio Perti Maestro di Capella della Basilica di S. Petronio.

Lunedì 14. essendo infermo il P.re Capuccino, ebbe l’Oratione Panegirica il M. R. P.re Don Bernardino Arienti Ferrarese della Compagnia di Giesù, Accademico nel Collegio de Nobili di S. Francesco Xaverio, e la Musica fu del M. R. P.re Maestro Frà Tomaso Ingegnieri del Terzo Ordine di S. Francesco.

Martedì 15. il M. R. P.re Don Ottavio Cerri Luchese de Cherici Regolari Minori fece il Panegirico, e la compositione della Musica è stata del Sig.re Giacomo Gozzini Maestro di Capella, e Moderno Principe nell’Accademia de Filarmonici.

Mercoledì 16. reso sano il M. R. P.re Frà Bonaventura Barberino da Ferrara Predicatore Cappuccino, e Definitore ebbe l’Oratione Panegirica. Alla Musica ha servito il Maestro di Capella il Sig.re Luca Antonio Predieri.

Giovedì 17. ultimo giorno dell’Ottavario predicò in lode del Santo il M. R. P.re Don Francesco M.a Zanini Bolognese Monaco Olivetano, e coronò la Musica della Messa, e de Vespri la virtù del Sig.re Pietro Paolo Laurenti Maestro di Capella nell’Accademia de Filarmonici.”

[...] “Con le accennate pompe di Maestoso Apparato, Processione Solenne, Panegirici eruditissimi, Musici ed istromenti i più rinomati di questa città, incredibile concorso di Nobiltà, e Popolo, ed anco di Prelati Forestieri, restò compita la Solennità dell?ottavario, e si diede fine alle Feste, sempre assistite dal cielo con i suoi raggi solari per maggiormente renderle singolari in una stagione incostante, à lode perpetua della SS.ma Trinità e del glorioso S. Andrea Avellino.”.1



1 ] Cronaca manoscritta di Anonimo conservata presso l’ Archivio di Stato di Bologna, Fondo Demaniale-Corporazioni Religiose soppresse- S. Bartolomeo di Porta Ravegnana.



 

 

Ultimo aggiornamento Venerdì 28 Marzo 2014 18:07
 

Oratorio Beata Vergine delle Grazie

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LA BEATA. VERGINE DELLE GRAZ!E E S. PETRONIO

Insiema alla statua di S.Petronio, che ritorna dopo 130 anni ai pèiedi delle Due Torri, viene offerta ai bolognesi la possibilità di ammirare l’affresco di Lippo Dalmasio (1352-1415 ca.) raffigurante la beata Vergine delel Grazie.

La fede e l’intraprendenza dei parrocchiani di S.Bartolomeo, che nel 1886 hanno trasportato in questa basilica l’immagine della Madre di Dio, hanno conservato un’opera d’arte e un segno della misericordia divina.

La vicenda della statua e dell’affresco si intrecciano nella cattiva e nella buona sorte, quasi a testimoniare una misteriosa e benefica presenza che non abbandona la città.

Nel 1871 il Comune di Bologna decise di rimuovere la grande statua di S, Petronio collocata sotto le Due Torri perché - si diceva - intralciava il traffico cittadino. Nella stessa occasione e con le medesime motivazioni fu abbattuta anche la cappella costruita a ridosso della Torre Garisenda, che custodiva l'immagine della B, Vergine delle Grazie, opera del pittore bolognese Lippo Dalmasio detto anche “Lippo delle Madonne” per le tante raffigurazioni sacre dipinte sui muri delle case di Bologna, ora perdute.

Per alcuni anni l'affresco, protetto solo da un muro sovrapposto, rimase alle intemperie. Per evitare di perdere l'opera d'arte e per ridonare la "prodigiosa lmmaqine" al culto dei fedeli , i parrocchiani di S. Bartolomeo ottennero di poterla staccare e di collocarla nell'atrio de!la basilica, trasformato In cappella.

A seguito dell'entrata in vigore del Codice dì Diritto Canonico, promulgato nel 1917, fu data a tutte le parrocchie la facoltà di celebrare il battesimo, che fino ad allora aveva la sola cattedrale, questa cappella subì allora una nuova trasformazione per accogliere il fonte battesimale.

Nell'attuale sistemazione il battistero esprime l'antica sirnboloqia della porta. Collocato fra le Torri e la Basilica, il battesimo segna il passaggio dalla Città alla Chiesa, dal mondo alla comunità dei credenti.

La vicenda dell'affresco e quella della statua  si intrecciano così nella buona e nella cattiva sorte, quasi a testimoniare una  misteriosa benefica presenza che non abbandona la Città.


"MEMORIE ISTORICHE CONCERNENTI LA CHIESA ET ANNESSA ABITAZIONE DI S. BARTOLOMEO IN PORTA RAVEGNANA DELLE QUALI NE SONO PADRONI LI CHIERICI REGOLARI"

"Anno 1886

Benedizione del nuovo Oratorio della B. V.
delle Grazie

Gli lII.mi SS.ri Mar.si Alfonso e Francesco Malvezzi già compatroni dell'Oratorio di Porta, demolito nel 1871, nel quale veneravasi la prodigiosa immagine della B:V: delle Grazie , dipinta da Lippo Dalmasio, su di un muro adiacente alla torre Garisenda, e che dopo  la demolizione dell'Oratorio vi era pure rimasta chiusa da altro muro; desiderosi di ridonare al culto la sequestrata miracolosa Immagine, pregarono il Parroco Don Cesare Gnudi ad interessarsi  a trovare luogo opportuno da collocarla ed appagare così il/oro  ardente voto. Fatta pertanto proposta dal Parroco ai sullodati Signori Compatroni di ridurre a cappella l'atrio sottostante all'Oratorio dell'Immacolata e S.Gaetano annesso alla parrocchiale, unico posto che gli si prestasse per soddisfare ai loro desideri, di buon grado accoltala, a loro spese fecero eseguire i necessari lavori; e la nuova cappellina, tuttoché angusta apparve ornata di ben riuscita decorazione, e fornita di un ben proporzionato altare di marmo, chiusa da una balaustra di ferro sormontato da banda di ottone, ed infisso, in un gradino pure di marmo.
Fatto quindi staccare con
somma diligenza il muro, su cui eravi il prezioso dipinto ed assicuratelo ben bene con bande di ferro, venne trasportata e collocata sull'altare a tal uopo preparato, col suo frontale avente ai lati due teche ripiene di voti dei fedeli. Furono poscia dai sullodati compatroni consegnate al Parroco
tutti gli oggetti preziosi ed arredi sacri che si trovavano nel soppresso Oratorio, come risulta da Inventario conservato nell'archivio Parrocchia/e
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1 Maggio

Il giorno 10 Maggio S. E. R. ma l'Arcivescovo Cardinale Francesco Battaglini, benedetto solennemente il nuovo Oratorio, per primo celebrò la S. Messa nell’altare della B. V. delle Grazie - Grande fu la consolazione dei Bolognesi nel rivedere, dopo 15 anni, la Veneratissima Immagine, e manifesta prova se ne ha dell'accorrere quotidianamente i fedeli a prestarle il loro omaggio di venerazione col farvi ardere buon numero di candele, e porgerle le più fervide e fiduciose preghiere. E Maria così onorata e pregata si mostra ognora la vera Madre delle divine grazie spargendole a larga mano fra i suoi devoti, che i riconoscenti attestano con doni votivi le grazie ricevute. In detto Oratorio, ogni sera dopo l'Ave Maria si recita il S. Rosario, ed ogni sabato si celebra una Messa e nel mese di Maggio si pratica il pio esercizio Mariano e nel dì 25, festa della B. V. Auxilum Christianorum, titolare dell'Oratorio, viene celebrata tale solennità con buon numero di Messe e Benedizione del SS. mo a mezzodì e alla sera, come pure l'ultimo di Maggio.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 21 Maggio 2014 15:39
 
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